L’idea di partenza era semplice:
portare il nonno in Sicilia per fargli rivedere i posti e le persone della sua gioventù,
o meglio, ciò che ne rimaneva.
L’organizzazione perfetta: figli e nipoti tutti insieme con allegria.
L’occasione ci era data dal matrimonio di un cugino.
Viaggio in nave per stare insieme e godere di momenti forse irripetibili.
Appunto, irripetibili…come scoprimmo in seguito!
Tutto andava per il meglio, l’organizzazione filava come di dovere…
ma qualcosa nel comportamento del nonno cominciò a preoccuparci.
Una volta saliti sulla nave il nonno mostrava disorientamento
e preoccupazione, quasi non sapesse dove si trovava e con chi era,
poi iniziò con domande strane del tipo “Perché stiamo su questo
treno?”… domanda alla quale cercavamo di rispondere con grande
perplessità. Poi la domanda che proprio ci fece sbalordire “ma io non
capisco… perché dobbiamo andare così lontano, in un posto che
non conosciamo… ma che andiamo a fare?” E poi… poi…
Poi notammo anche un cambiamento fisico, una cosa inquietante…
gli occhi si erano fatti come acquosi, assenti, lo sguardo vagava
senza vedere. Il viaggio continuava, le ore passavano e le domande
del nonno erano sempre più senza senso, chiamava persone ormai
defunte da anni. Continuava a muoversi senza meta cercando visi
familiari e soprattutto non ci riconosceva, non ci riconosceva!
Pensammo tutti (ed eravamo in 11 tra figlie, generi e nipoti!) che
fosse una cosa passeggera, dovuta all’emotività, al fatto di ritornare
dopo anni nella sua terra… invece arrivammo a destinazione nell’angoscia
e nell’incredulità più completa. Arrivati dai numerosi
parenti che ci aspettavano, lui non ne riconobbe neanche uno, diceva
di ricordare le voci, che gli suscitavano un barlume di ricordo.
La prima notte e le altre che seguirono furono disastrose, per fortuna
dormimmo tutti in una stessa casa e le trascorremmo tutte ad accudirlo
come fosse stato un bambino in preda al panico, puntava i piedi
per non camminare, andava a guardare nelle stanze per vedere chi
c’era, non vedeva la differenza tra l’uscio di un balcone e quello di una
porta ritrovandosi più volte al freddo e dovendolo riportare a letto.
Ormai stava perdendo minuto dopo minuto il senso di realtà, il
tempo, il giorno, la notte, il caldo, il freddo, la fame la sete per lui
erano sensazioni indifferenziate. Non riconosceva più, tranne che
in qualche raro momento, i figli, i nipoti, non riconosceva nean-
che se fossero uomini o donne. Eccezione erano le mie figlie, le
riconosceva e le chiamava per nome (in seguito abbiamo capito
che erano quelle con cui era stato nel passato più recente a più
stretto contatto e le riconosceva più facilmente).Con il senno di poi
ripensando a particolari avvenimenti dei mesi che precedettero
questo viaggio ci siamo resi conto che i segnali premonitori c’erano
stati tutti.Ogni tanto aveva vuoti di memoria, cambi d’umore
repentini, mutismi che duravano giorni, insofferenza, stanchezza,
indifferenza verso tutto e tutti, in una parola: apatia. Ma c’è da
dire che il nonno non era mai stato un grande comunicatore ne
un grande allegrone quindi noi pensavamo solo ad una fase di
vita legata a ricordi e a dispiaceri. Al rientro, comunque lo sottoponemmo
a diverse visite mediche e il responso che tutti temevamo
non tardò ad arrivare: MORBO di ALZHEIMER.E con ciò cambiò
la nostra vita, la vita di quattro famiglie. La mossa successiva
che abbiamo affrontato con coraggio e forza d’animo è stata di
contattare l’AIMA che grazie al gruppo di sostegno ci ha permesso
di conoscere un mondo di cui non sapevamo neanche lontanamente
l’esistenza. Un universo a parte nel quale le persone interessate
sono le uniche a non capire, tutto è delegato ai familiari (per
chi ha la fortuna di averli!) e ai volontari (santi!) che cercano di
coordinare le richieste di aiuto morale ed economico delle famiglie.
Il più delle volte sono battaglie perse, tra medici che minimizzano
e sorvolano ed enti che vorrebbero fare economia sulla
disperazione e d’altro lato sperperare denaro pubblico con progetti
palliativi ed emergenziali e non risolutivi. Settembre 2006Tutti i
giorni sono in funzione delle necessità del nonno per il quale ogni
cosa è una novità, ogni faccia è nuova e il suo mondo a noi è sconosciuto.
A volte in momenti di lucidità cerca di spiegarci cosa
vede, cosa sente…ma sa che noi non vediamo o sentiamo le sue
stesse cose e così si rattrista e si avvilisce. È dimagrito, non ha
appetito, non dorme…è spaventato e impaurito.Le esperienze che
stiamo vivendo ci portano a considerare la nostra vita veramente
fuggevole, che va vissuta anche per aiutare gli altri, che soffrono,
il più delle volte in silenzio, e non sperando che a noi non ci capiti
mai. Mai sentito parlare di fulmini a ciel sereno?
SILVIO LUONGO*

* Silvio Luongo, Napoli.

Settembre 2005
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