Espongo alcune manifestazioni della malattia Alzheimer di cui è
affetto mio marito, nella speranza che vengano considerate dai
dirigenti del Ministero della Salute e dai responsabili delle
Politiche Sociali della Regione Campania per poter varare provvedimenti
adeguati e programmi che tendano ad alleviare le enormi
difficoltà che sia il paziente con Alzheimer che la sua famiglia
devono affrontare.
Mio marito è sempre stato di carattere combattivo, generoso e
meticoloso ma anche responsabile e un po’ nervoso. Aveva molte
capacità e si è sempre distinto per l’impegno e la passione sia a
livello artistico (ceramista, chitarrista, fotografo) che professionale,
pensionandosi come capo tecnico sup. degli Impianti Elettrici
per le ferrovie statali. Era attivamente impegnato nel sociale
come responsabile dell’Ufficio Famiglia della Curia, nonché animatore
nelle sua parrocchia e ministro dell’Eucarestia.
Le sue prime difficoltà si sono manifestate nel 2001. Egli cominciava
a dimenticare cosa stava per fare e gli occorreva diverso
tempo per portare a termine anche una semplice azione; quando
si apprestava a prendere un oggetto portava a termine l’azione
con difficoltà e dopo diversi minuti. Con sempre maggiore sforzo
di concentrazione, provava a tenere nota di ogni minimo impegno
giornaliero su strisce di carta (tipo lista della spesa), diventando
irritabile se lo si distraeva perché non riusciva più nel suo
intento. Si recava agli appuntamenti anche con 3-4 ore di anticipo
facendo confusione con i numeri sbagliando a leggere l’orologio.
Dopo poco più di un anno ha iniziato a perdere progressivamente
la capacità di rendersi conto delle situazioni, aumentando
la sua frustrazione anche perché gli venivano meno alcune
parole.
Nell’autunno 2002 lo convinsi a fare un controllo geriatrico; gli
fu diagnosticata la depressione (senza alcun esame diagnostico) e
incominciò da subito il relativo trattamento farmacologico. Proseguimmo
la cura per circa sei mesi quando, non vedendo nessun
cambiamento, ci rivolgemmo alla clinica geriatrica del II Policlinico;
grazie anche agli esami diagnostici (TAC ed eco-doppler
carotideo), l’equipe dell’U.V.A. gli diagnosticò l’alzheimer e fu inserito
nel progetto “cronos”. Per due anni a partire da marzo 2003
ha frequentato il Centro Minerva ai Ponti Rossi, dove 5 giorni la
settimana, un’ora al giorno, faceva il trattamento logopedico.
La situazione peggiorava perché, non riuscendo ad esprimere il
proprio pensiero, diventava sempre più difficile interagire con gli
altri. Oggi, questo problema è cambiato perché, anche se non
riesce ad usare le parole con il loro senso comune, fa capire il proprio
disagio, gioia o commozione affidandosi al tono di voce, alla
mimica facciale ed ai gesti piuttosto che al linguaggio verbale.
Ha iniziato poi ad incurvarsi notevolmente accusando forti dolori
alla schiena. Questo ha scoraggiato le attività fuori casa diminuendo
le passeggiate insieme ad un familiare che giovavano al suo
morale e impegnavano qualche ora della sua dolorosa giornata.
Nell’incontro con persone che non fossero familiari la sua reazione,
sorprendentemente, non lasciava intravedere le sue difficoltà anzi,
col sorriso si intratteneva pochi istanti con il postino, con i fedeli
della parrocchia o semplicemente incrociando un volto simpatico.
Dalla primavera 2005 è stato inserito nel centro diurno alzheimer
del Frullone dove svolge, insieme agli altri, la terapia occupazionale,
si esercita facendo disegni, riconoscendo figure geometriche
e di oggetti noti; anche il pranzo è compreso nella terapia. A vantaggio
per noi familiari sono offerti anche l’accompagnamento in
pulmino oltre ai controlli medici di routine.
Gli operatori del centro, che lavorano molto bene, fanno sentire a
loro agio i pazienti chiamandoli per nome e creando un clima
familiare ed accogliente che riguarda anche l’arredamento delle
camere, più simile a quello di una casa.
Nell’ultimo anno la malattia ha dato segni di peggioramento. Ha
allucinazioni visive ed uditive, ogni rumore o ombra viene interpretato
come situazione minacciosa mettendolo in allarme e provocando
reazioni esagerate. Anche con la sua immagine riflessa
nello specchio assume atteggiamenti amichevoli oppure di sfida,
a seconda del suo stato d’animo iniziale. Discussioni in famiglia,
episodi di incidenti o violenze trasmesse in TV (anche il telegiornale)
aumentano le ansie di mio marito al punto di farlo urlare e
minacciare agitando oggetti insieme ad espressioni volgari e
offensive, mai usate prima della malattia.
Quando è possibile, ama ancora nuotare praticando i diversi stili
e continua a suonare la chitarra anche se non al 100%; da un po’
di tempo esegue perfettamente i motivi delle canzoni con fischi e
vocalizzi, spesso continuamente e per diverse ore al giorno o
quando si sveglia durante la notte.
Recentemente ha mostrato reazioni abbastanza violente verso i
familiari ed anche verso di me che, da sola e amorevolmente, lo
assisto giorno e notte. L’assistenza a mio marito diventa di giorno
in giorno sempre più difficile ma le ore più buie e di una certa
gravità sono quelle notturne; mio marito si addormenta verso le
ore 23 e si sveglia molto spesso intorno alle 4:30, a volte in uno
stato di agitazione e di tensione che incutono paura perché assume
atteggiamenti minacciosi.
LA MOGLIE*

* Rosa Sica, Napoli, Socio AIMA Napoli.

Napoli, 5 ottobre 2006
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